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Sicuramente riconoscerete questo
simbolo, anche se forse non sapete il suo nome: √
Quando scrivo questo simbolo sulla
lavagna in classe e chiedo che cos’e’, la risposta e’ sempre la
stessa: “La radice quadrata”.
Rispondo “Sì, la sua funzione è di
estrarre la radice, sia quadrata sia altra radice. Ma come si
chiama?”
Segue prolungato silenzio, seguito da:
“Il simbolo della radice quadrata”.
Do’ il via a una fragorosa risata.
“Davvero? Nessuno ha fatto matematica
al primo superiore?”
Risata nervosa.
“Ho offeso tutti qui dentro al primo
minuto del nostro incontro” Dico.
“Ora che questa cosa me la sono
levata di mezzo, possiamo procedere.”
Lunga pausa prima della mia risposta:
“Si chiama un radicale”.
Altra lunga pausa prima che io riveli
il punto di questo esercizio.
“Si chiama un radicale perché
conduce alla radice. Questa, inoltre, è la definizione di una
radicale: cioè di chi va alla radice o all’origine.”
Utilizzo questo aneddoto per
presentarmi alla classe.
Io, sottolineo, sono un radicale.
E mentre questa cultura ha convinto la
maggior parte della gente che un radicale è una cosa non buona,
simile all’anarchia, non è affatto una cosa cattiva, ed è ben
diversa da ciò che la maggior parte della gente crede.
Su questo argomento, risuonano in me le
parole di H. L. Mencken: “La nozione che un radicale è uno che
odia il suo paese è ingenua e alquanto stupida.
Un radicale invece è uno che ama il
suo paese più degli altri e soffre più degli altri quando lo vedo
allo sfacelo. Non è un cattivo cittadino che si è votato al
crimine; è un buon cittadino portato alla disperazione.”
Un buon cittadino portato alla
disperazione. E’ questa la giusta definizione. Alcune citazioni per
dimostrare questo punto.
“Il perfetto pappagallo era lo
studente perfetto….. Come studenti del liceo o di altre scuole
superiori raramente mettevamo in questione la verità di qualsiasi
affermazione. La nostra preoccupazione, invece, era di capire bene
ogni frase pronunciata dai professori o letta sui testi. Immaginate
l’effetto di anni di un tale esercizio su una mente in fase di
evoluzione. L’abitudine a conformarsi mentalmente diventa quasi
ineliminabile. Io ero solo uno di questa generazione di vittime.
Quanti professori ci hanno detto che l’ordine prestabilito non era
l’unica cosa che esistesse? E c’erano solo vaghe allusioni alla
possibilità di cambiamento.
Non eravamo ribelli. Non eravamo
pionieri. Non eravamo neanche dei devoti ed entusiasti pappagalli.
Eravamo soltanto dei dischi sui quali veniva inciso il linguaggio
della nostra generazione In alcuni momenti, chiamati periodi di
esame, ci si aspettava da noi la riproduzione di questi linguaggi,
parola per parola, paragrafo per paragrafo.
Il sogno Americano non si basava su
“Vita, libertà e ricerca della felicità”, ma sulla
determinazione di uomini d’affari a ridurre i salari e aumentare
gli utili. Il sogno Americano rendeva i ricchi più ricchi e teneva i
poveri al suo posto.
Nel frattempo i guerrafondai,
professionisti della distruzione all’ingrosso e delle uccisioni di
massa, avevano preso il controllo degli Stati Uniti e delle loro
politiche e conducevano tutti i giochi….Gli Stati Uniti della mia
gioventù stavano scivolando sotto i miei piedi e svanendo dalla mia
vista. Il Mayflower Covenant, la Carta dell’amore e dei buoni
rapporti tra gli uomini di William Penn, il Bill of Rights di Thomas
Jefferson, la Costituzione del 1789 che da bravo studente avevo
imparato a memoria, il Discorso di Lincoln di Gettysburg e il Second
Inagural erano diventati carta straccia…Avevamo trasformato i
nostri aratri in spade e i rastrelli in lance, gli attrezzi da lavoro
in armi e tecniche di distruzione e massacro.
A chi appartenevo io? Come potevo
considerarmi? Ero un Don Chisciotte che combatteva inutilmente contro
i mulini a vento? Ero io pazzo e i miei concittadini conservatori
immobilisti invece sani di mente? O invece ero io soltanto sano di
mente e loro impazziti?
Il mondo che vedevo intorno a me non mi
piaceva per niente, Era un mondo in cui le forze di distruzione
avevano la meglio. Mi era stato insegnato di credere nella
possibilità di ciascun individuo di raggiungere il benessere e lo
sviluppo sociale. Mi trovavo invece in un mondo fortemente
intenzionato a distruggersi.
Vivo negli Stati Uniti solo perché
lavoro qui….Mi vergogno profondamente pero’ di venire associato
all’oligarchia che attualmente malgoverna, sfrutta, affossa e
corrompe gli Stati Uniti ed il mondo. Come individuo continuo a fare
quello che posso. Vado in giro, parlo e scrivo per contrastare
l’ignoranza, l’inerzia, la vigliaccheria. Credo che esista una
nuova presa di coscienza sulla crisi e sulla gravità della minaccia
che incombe sull’umanità. Esiste anche una crescente
consapevolezza del fatto che le decisioni cruciali sono ormai state
prese e che e’ in corso il processo di vaporizzazione della civiltà
occidentale….Il mio personale contributo sta sempre più assumendo
la forma di un aiuto “straniero” – rivolto a miei concittadini
che quasi non conosco più.
Sono persone senza storia, deviati,
delusi, impreparati, beffati. Sono persone che sempre più stanno
abbandonando la ragione, l’istinto e l’emozione, impegnati solo
in patetici e disperati tentativi di sfuggire a un destino nefasto
che li sta accerchiando piano piano, come la nebbia avvolge
lentamente una nave in mare.
Con la maggiore consapevolezza della
reale situazione, cresceva in me la convinzione che dovevo fare
qualcosa. Ho provato a parlare, scrivere, discutere, tenere lezioni e
sono stato snobbato ed ignorato dai miei concittadini americani.
Continuo a fare quello che posso in ogni occasione. Ho detto quello
che avevo da dire dopo averlo pensato e approfondito. Continuo ad
offrire il mio aiuto ai miei connazionali americani come si offre
aiuto a un uomo che sta annegando e che una corrente impetuosa tenta
di portarsi via ogni istante di più. Offro questo aiuto di buon
grado, con speranza, con partecipazione.
Come il Vecchio Marinaio dico ai
passanti preoccupati: tu hai scelto e stai seguendo un percorso che
porta alla tua distruzione e probabilmente alla distruzione di
centinaia di milioni di persone. Ti ho consigliato, mi sono opposto,
avvertito, ho denunciato. Insisti a percorrere la strada della tua
perdizione. Continui a correre, ignorandomi. Io continuo ad
avvisarti. Tu non mi guardi e non mi ascolti. Non vedi le infinite e
stupende possibilità che offre la vita che sono lì ai tuoi piedi,
inutilizzate. Continui per la tua strada – la strada che milioni di
altri uomini hanno percorso prima di te, illusi e corrotti da quegli
specchietti per allodole che le società civili usano offrire ai loro
devoti.
Ho girato le spalle all’Oligarchia
Americana, al Sogno Americano, al Secolo Americano, all’Impero
Americano, alla civiltà occidentale. L’intera catena delle società
civili hanno portato luce, cultura, gioia e speranza a troppe poche
persone mentre moltitudini di altre continuavano a vivere e morire
nell’oscurità, nell’ignoranza, nella misera e nella
disperazione. Ho voltato le spalle a questa miope ed opportunistica
accettazione di ciò che è, perché sono convinto che potremmo
davvero raggiungere, creare, toccare e cogliere una vita migliore e
farla nostra, se solo riuscissimo a fare uno sforzo maggiore. Ho
bruciato l’ultimo ponte che mi collegava allo “Stile di vita
Americano” perchè sono convinto che le idee, i meccanismi, le
tecniche e le istituzioni della civiltà sono state provate e
riprovate tante volte ma sono sempre risultate inefficaci. Sono
superflue ed obsolete perché se ne stanno definendo delle nuove,
disponibili per chiunque voglia girare le spalle al passato e
guardare al futuro con speranza, sicurezza, creatività, nella
consapevolezza della necessità di un’azione concertata e radicale.
Dico addio alla civiltà occidentale.
Senza alcun’ombra di rimorso cerco di bandirla dalla mia vita
mentre cerco di bandire ogni altro spiacevole e dolente ricordo.
La mia separazione dalla civiltà
occidentale e dalle sue modalità è quasi completa come la mia
separazione dalle civiltà dell’antica Roma e dell’antico Egitto.
Continuo a vivere negli Stati Uniti, centro di potere di questa
civiltà occidentale, poichè questo fa parte del mio dovere, ma non
ho più amore e partecipazione per essi di quanto potrebbe avere un
emissario degli Stati Uniti inviato in una regione pre-capitalista
dell’Africa Equatoriale o del Sud America. L’emissario vive
nell’arretratezza ma non ne fa parte. Questi sono esattamente i
miei sentimenti sui miei rapporti con gli Stati Uniti, dove devo
continuare ad essere.
Chi poteva immaginare all’inizio del
secolo che dopo un breve soggiorno all’estero sarei tornato su
queste rive per trovare le rovine fumanti di gran parte di Los
Angeles, Detroit, and Washington saccheggiate e distrutte? Chi poteva
prevedere il livello attuale di uso di droghe tra la popolazione, le
ondate di criminalità, i tumulti, la ferocia delle forze di polizia?
Ogni volta mi chiedevo: ma è davvero questa casa mia?
Questo paese ricco, drogato,
debosciato, corrotto, inquinato, disilluso è un paese che mai avrei
immaginato quando ero giovane. E’ una terra straniera ed ostile.
Ogni volta che torno non riesco a dire serenamente: “Sono a casa”.
Al contrario, ogni volta devo preparare me stesso a tornare in un
ambiente straniero e per niente piacevole.
Nessuna persona pensante può accettare
i fatti della vita attuale senza rendersi conto dell’urgenza della
situazione. E’ la nascita di questa consapevolezza la causa
principale delle ondate di protesta e distruzione in tutto il
pianeta. Le reazioni sono più evidenti tra I giovani. Hanno la vita
davanti. I genitori, membri della generazione precedente, sono meno
reattivi alla situazione. Per alcuni di loro l’attuale situazione
e’ persino migliore che in passato.
L’uomo disturba e sconvolge
l’equilibrio della natura. La natura risponde e ristabilisce
l’equilibrio. Passiamo la vita a costruire dighe e sbarramenti e
prima che ce ne accorgiamo la natura e’ gia’ li’ che erode,
corrode e rompe. L’acqua già inizia a scorrere giù. La natura è
instancabile, persistente, implacabile.
Il mio mestiere e’ l’insegnamento.
Insegnare, nel senso più lato del termine, significa trovare la
verità, comunicarla a tutti quelli che vogliono sapere e radicarla
nella vita della comunità. La verità è spesso spiacevole, noiosa e
insipida per tutti quelli che posseggono una quantità smisurata di
beni terreni, che hanno sete di potere e che sostengono una causa che
favorisce pochi e danneggia molti. Per questo cercano di evitarla, di
coprirla, di dimenticarla. E’ compito degli insegnanti, quale sono
io da sempre, continuare a scoprire la verità, ricordare ai ricchi e
ai potenti la sua importanza e il suo significato, portandola
all’attenzione della gente e raccomandando che essa sola sia la
pietra angolare della vita pubblica locale, regionale, nazionale e
mondiale.
Ho avuto il raro privilegio di essere
presente e in parte assistere al processo di distruzione di un
sistema e alle prime fasi dello sviluppo di un modello alternativo di
vita sociale. Se questa fosse per me l’unica cosa avuta dalla vita,
sarebbe stata comunque una vita ben spesa. Sono grato per
l’opportunità che ho avuto e spero che la mia gente possa vincere
questa dura lotta, cogliendo sempre più le infinite opportunità di
esperimenti creativi e di miglioramento duraturo.”
Le parole precedenti, come quelle di
Mencken, risuonano in me. Sono state scritte da Scott Nearing e
pubblicate nel 1972 nella sua autobiografia “Come nasce un
radicale”. Aveva 89 anni a quel tempo. I riferimenti alla sua
gioventù e alla prima parte del secolo ci offrono un quadro delle
sue riflessioni fin dai primi anni del ‘900.
Un intero secolo dopo sono afflitto da
una forma di radicalismo simile a quella di cui soffrì Nearing. Sono
ignorato e denigrato quando denuncio quelle azioni che vengono prese
semplicemente per puntellare un impero in declino, comprese le azioni
militari senza precedenti prese nel Medio Oriente e in nord Africa.
Vengo ignorato e denigrato anche quando
parlo degli ovvii segnali di ribellione della popolazione e dei
probabili risultati di queste ribellioni nonché delle cause delle
stesse. Invece aumentano all’improvviso le chiamate e le telefonate
quando parlo dell’ovvia necessità di distruggere la civiltà
industriale, questo sistema responsabile dell’estinzione di
centinaia di specie ogni giorno, che ci fa ammalare, che ci porta
alla follia, ci distrugge e ci priva della nostra unica casa.
Immaginate questa scena: ogni giorno
passate davanti a una casa. In questa casa, un vecchio uccide 200
bambini ogni volta che passate davanti. Cosa fareste? La risposta a
cui mi sono ormai abituato: passo davanti alla casa, mi tappo le
orecchie per non sentire gli strilli e chiudo gli occhi per non
vedere.
Non e’ uno scenario ipotetico, ed e’
anche peggiore di quello che ho immaginato. Non sono solo 200 bambini
ad essere uccisi da questa nostra vecchia civiltà. Sono 200 specie.
In altre parole, e’ genocidio. La maggioranza delle persone
risponde che preferisce che questo sistema omicida continui così per
sempre. Una piccola minoranza vorrebbe che finisse, preservando così
un habitat per l’uomo del futuro per tanti anni ancora.
Stranamente, solo poche persone sono motivate dal tipo di azione che
possa preservare la vita, compreso l’habitat per gli umani.
Quanto sei radicale tu? Ami la vita?
Sei disposto a combattere per essa?
Guy McPherson è professore emerito di
risorse naturali e ambiente all’Università dell’Arizona, dove
insegna e conduce ricerche da 20 anni. Ha scritto più di 100
articoli, dieci libri, di cui il più recente è “Via dall’Impero”;
per anni ha concentrato il suo lavoro sulla conservazione della
diversità biologica. Vive in un casa senza corrente elettrica fatta
di paglia dove pratica la sussistenza con giardinaggio organico,
allevando piccoli animali per uova e latte e lavorando con altri
membri della sua comunità agricola. Per saperne di più:
guymcpherson.com or email Guy at grm@ag.arizona.edu
Fonte: http://guymcpherson.com
Link:
http://guymcpherson.com/2012/06/on-being-a-radical/
26.06.2012
Traduzione per
www.comedonchisciotte.org a cura di SKONCERTATA63
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