Il territorio consegnato alle multinazionaliGuglielmo Ragozzino - tratto da "Manifesto" 19 gennaio 2012
Il decreto sulle liberalizzazioni proposto dal governo contiene un articolo 22 che affida il territorio nazionale ‐ e il mare attorno ‐ alle multinazionali del petrolio e del gas. Esse potranno fare le ricerche che ritengono necessarie e sfruttare i giacimenti ritrovati per un numero di anni indefinito (20+5+5+ ecc.) salvo poi, una volta esaurito il luogo, rimettere ordinatamente tutto a posto. Come dubitarne? È tutto scritto con precisione.
È perfino adombrata, al punto 8 comma c del suddetto articolo, la necessità di indicare «...l'entità e la destinazione delle compensazioni previste per la fase di ricerca e sviluppo». Insomma è fatto balenare fin da subito un possibile guadagno da parte di proprietari delle aree, enti locali, regioni; anzi l'opportunità di un'equa spartizione, regolata magari da qualche organo dello stato, appositamente delegato. Tutto fatto bene, sia chiaro, come in una banda degna di rispetto. Il massimo per dei veri liberali. I vari lotti, una volta individuati saranno messi a gara "europea".
Non tutti potranno partecipare, ma solo le imprese dotate di sufficiente credibilità. Una volta partita la gara e superate le specificità che il decreto indica sommariamente, l'attribuzione dovrà avvenire nei successivi otto anni, pena la revoca della concessione. Possiamo immaginare che verso la fine dei primi otto anni il nostro amatissimo territorio nazionale avrà frequenti trivelle e scavi dappertutto; poco tempo dopo ci saranno più buchi per chilometro quadrato che in una fetta di formaggio svizzero. Siccome la malignità è il nostro forte, possiamo anche dare per certo che le multinazionali di qui sopra si spartiranno l'intero Stivale, ma senza pestarsi i piedi. Le gare saranno pro forma, con buona pace di tutti e spesa minore per ciascuno.
Come è del tutto legittimo, il senatore Monti chiamerà tutto questo liberalizzazione, mentre sarebbe più opportuno parlare di un cartello. Ma i cartelli fanno parte del mercato, o no? L'incombere delle compagnie petrolifere non è nominativo nell'articolo 22 ma piuttosto nel precedente articolo 21, o, meglio ancora, nella relazione che l'accompagna, nella quale si può leggere che se non si introducono minori limiti alla ricerca in mare al largo delle zone di rispetto, il risultato sarebbe una «riduzione degli investimenti in tecnologie e servizi forniti dalle imprese italiane con un crollo dei progetti in corso, stimabile in circa 3‐4 miliardi di euro nei prossimi anni, con abbandono degli investimenti in corso sul territorio italiano da parte delle imprese italiane ed estere operanti nel settore (recente esempio la Exxon)». Siccome non si può scontentare la Exxon e le sue beneamate sorelle, allora si può sacrificare terra e mare, ambiente e paesaggio. Si distrugga pure tutto, si buchi e si sporchi, ma finalmente avremo una vera libertà, da vantare a Bruxelles e a Berlino.
Liberalizzo e trivello tuttoAntonio Sciotto
La bozza del decreto sulle liberalizzazioni ‐ che viene definita al momento «incompleta» dallo stesso governo ‐ è pronta: fissa in 44 articoli il programma della «fase due» di Monti, quella che dovrebbe rilanciare lo sviluppo e la crescita grazie alla rimozione di «privilegi e rendite». Il testo, che dovrebbe arrivare domani sul tavolo del consiglio dei ministri, ieri è circolato sui maggiori siti di informazione: ma nonostante la decisione mostrata dall'esecutivo non possiamo ancora tecnicamente considerarlo chiuso, dato che alcune categorie interessate (vedi tassisti, benzinai, farmacisti) sono nel pieno della protesta. Però contiene già dei punti abbastanza pesanti.
Il primo lo individuiamo all'articolo 22: si vuole facilitare la ricerca di idrocarburi nelle acque territoriali italiane, praticamente ampliando e velocizzando le possibilità di trivellare e di sfruttare i giacimenti petroliferi.
Interessante il riferimento alle agenzie di rating, che il documento definisce proprie fonti ispiratrici: «Si sottolinea ‐ recita il testo ‐ come lo sviluppo delle attività di prospezione e coltivazione di idrocarburi sia tra i parametri oggetto di valutazione da parte delle Agenzie di rating per la stima della solidità economica degli Stati.
A titolo esemplificativo, si rileva che tra le ragioni che hanno indotto, lo scorso 9 settembre, Standard & Poor's ad alzare il rating di Israele ad "A+" da "A", c'è stata proprio la decisione del governo israeliano di sviluppare le attività di ricerca e prospezione degli idrocarburi nelle proprie acque territoriali». Nel precedente articolo 20, si delibera che vengono destinati «incentivi»ai territori dove vengono individuati i giacimenti. La bozza legifera anche sul tema dei servizi pubblici locali (art. 31), che vengono aperti alla concorrenza e liberalizzati, nonostante l'esito dell'ultimo referendum: non a caso ieri c'è stata una protesta del Forum dell'acqua, visto che si teme se non proprio la privatizzazione del bene in sè, perlomeno quella della gestione. Calda anche la norma che riguarda le ferrovie, già contestata dai sindacati, ma invano: è confermata infatti (art. 42) l'«eliminazione dell'obbligo di applicare i contratti collettivi di settore nel trasporto ferroviario».
La separazione della rete Rfi da Fs verrà invece decisa dopo una valutazione dell'Authority di settore. Ancora, l'art. 30 prevede l'accelerazione dello smantellamento delle vecchie centrali nucleari italiane: nulla di male, salvo che va ricordata la legge del precedente governo (Berlusconi) per l'individuazione di un sito unico di stoccaggio delle scorie, che ovviamente nessuno vuole nel proprio backyard. L'accelerazione potrebbe portare nuovi scontri locali. Sul fronte del gas, si separerà la rete Snam dall'Eni, con annunciati vantaggi (è l'ipotesi del governo) su gestione e tariffe; le bollette dovrebbero scendere grazie a un nuovo sistema di conteggio dei consumi, più omogeneo a quello in uso in Europa. Ma il nucleo delle liberalizzazioni made in Monti che oggi fa più discutere, soprattutto per la contrarietà «chiassosa» di molte categorie e corporazioni, è quello che riguarda «le sacche di privilegi e rendite di posizione, che il Paese non può più permettersi».
Il governo promette di fare piazza pulita, «senza distinzioni tra categorie, interessi e settori economici». E afferma che questa operazione sarà un vero e proprio volano per la nostra asfittica economia. Addirittura potrebbe produrre ‐ la relazione cita ricerche di Confindustria e Banca d'Italia ‐ «un incremento del Pil di 11 punti nel lungo periodo: insieme a un +8% per consumi e occupazione, +18% per gli investimenti, +12% per i salari reali». Iniziando dai taxi, la bozza propone che la concessione di nuove licenze sia demandata all'Authority dei trasporti, «sentiti i sindaci» per la contestualizzazione nei diversi territori. Si ipotizzano più licenze per singoli tassisti, anche part time, libertà di fissare le tariffe (da pubblicizzare con trasparenza), orari liberi e la possibilità di cedere temporaneamente la propria licenza a un altro guidatore.
Proposta che i tassisti hanno però già emendato nella propria controfferta: chiedono che il potere di dare le licenze sia in capo ai sindaci. Le farmacie avranno orari liberi. Vengono eliminate le tariffe minime di tutti gli ordini, e il tirocinio si potrà svolgere negli ultimi due anni di università; saranno aggiunti 1500 notai in più entro il 2014. Liberalizzata anche la vendita dei giornali, in negozi e librerie. Benzinai: si potrà aumentare il numero dei self service; i distributori potranno aggregarsi, servirsi presso più gestori, e vendere altri prodotti, alimentari e non. Assicurazioni: l'agente dovrà mostrare almeno 3 prodotti di compagnie concorrenti; chi avrà la «scatola nera» in auto, avrà diritto a sconti sulle tariffe; fino a 5 anni di carcere per i periti truffaldini. Banche: mostrare almeno 2 offerte concorrenti per la polizza vita affiancata al mutuo.
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