IL PERSONAGGIO. Giuseppe Li Rosi è un siciliano che ha scommesso sul recupero e la semina delle antiche “accessioni” di germoplasma di grano duro
Per amore del pane. L’uomo che salva i semi:
Per amore del pane. L’uomo che salva i semi:
«Questo pane è il mio, è il mio pane chè l’ho fatto fare nel mio panificio. E so che cosa c’è in questo pane, conosco il seme del grano che ho seminato io, il lievito naturale che ho utilizzato io. E so che cosa c’è in questo pane, perché lo debbo dare anche ai miei bambini….».
La denuncia è chiara e oggi è di scottante attualità:
[1] il mercato delle sementi è in mano alle multinazionali, il problema non è solo negli OGM, il problema è nel mercato occupato dalle grandi imprese sementiere. Altro che biodiversità: un solo grano (il Creso) o i suoi derivati hanno drogato i campi di tutta Europa. Alla qualità, alla bontà, alla salute si è preferita la quantità, la standardizzazione, l’omologazione dei sistemi di produzione. Li Rosi pare uneroe d’altri tempi, si aggira per i suoi campi, tocca il frumento, un frumento che ha una storia antica, un frumento (quel frumento) che pur chinando il capo non ha bisogno di concimi e diserbanti, che resiste oggi come ai tempi dei Siculi, dei Romani, dei Bizantini e degli Arabi al “progresso”.
Non è solo Giuseppe, alcuni produttori lo affiancano in questa battaglia, ma la diffidenza è tanta. Anche i contadini della sua Raddusa sono scettici. Le colture convenzionali garantiscono rendimenti per ettaro doppi rispetto a quelle biologiche. Ma la riflessione si ferma lì, vengono esclusi i costi dell’impatto terribile sull’ambiente, sulla salute dei consumatori, i costi per l’acquisto di sementi certificate, concimi e prodotti chimici, viene soprattutto dimenticata la violenza che si rinnova quotidianamente contro la tradizione di frumenti antichi, contro la storia umana e sociale dell’intera isola. Un costo culturale abnorme.
Giuseppe Li Rosi è un illuso, un don Chisciotte, si potrebbe essere tentati di dire, ma le cose non stanno così. La proposta è reale, seria, fattiva. La qualità di un buon pane, di una buona pasta, di un buon frumento per quanto possa essere riconosciuta non ha valore se non può tramutarsi in buon cibo. Un pane di grandi peculiarità non ha senso se non può essere mangiato. Per questo nasce un panificio moderno che partendo dal frumento tradizionale e biologico, utilizzando lieviti naturali (criscenti) vuol portare sulle tavole ilpane. Il pane di cui parla Li Rosi è quello che concentra della sua tessitura fitta e compatta secoli di saper fare, caratteristiche di cultivar antiche e mai dimenticate (anche grazie al lavoro lodevole della Stazione di Granicultura di Caltagirone), è un pane che permette a chi mangia di mangiare un pezzo di passato, un pezzo di terra, un pezzo di cultura e chiaramente un pezzo di un avvenire atteso.
Vale in questo caso, in questo più che in altri, il logoro detto: La terra ci è stata data in prestito dai nostri figli. E consegnare loro un pezzo di pane buono e sano è un ottimo modo per cominciare a restituire il debito.
Commenti
Posta un commento